domenica 20 febbraio 2011

Il faro e la luna...

Le sole due luci rimaste a fronteggiarsi nel buio della notte. La luna calante si specchia sullo stesso mare che la luce del faro carezza ad ogni passaggio.
Insonne, il mago fa il giro del faro per i controlli notturni, poi torna in veranda con un pacco di libri per l'Arcana Cabana, l'indomani... bisogna selezionare quelli che valgono la vendita da quelli da restaurare da quelli da buttare, semplicemente. Nella scatola ce ne sono una quarantina, tutti abbastanza in buono stato, e curiosamente ci sono anche alcuni manoscritti che assorbono l'attenzione del mago per gran parte della notte. Non sono che diari di fanciulle ormai morte da secoli, giovani streghe alle prese con lo studio e le prime vicende sentimentali, ma raccontano parallelamente il viaggio dal Vecchio Continente all'America quasi sconosciuta ed inesplorata. Le loro speranze, il desiderio di non venir più viste come nemici, come mostri... e l'arrivo a Salem, pochi anni dopo i processi, a renderle ancora più timorose e diffidenti di quanto fossero in Europa. Il ritratto della società, della cultura, raccontato dalla mente sagace e giocosa di queste due fanciulle lo affascina e lo tiene inchiodato su quelle pagine sbiadite per gran parte della notte, mandandolo spesso a consultare l'enciclopedia per cercare i riferimenti storici a cui alludono le ragazze, sorpreso dalla freschezza e dalla ricchezza di particolari descritti nei diari. Le ragazze erano di buona famiglia, si intuisce, e potevano studiare e frequentare la buona società dei maghi. Leggendo il mago scopre con un sorriso che tutti i genitori in origine avevano frequentato Hogwarts, ed erano stati smistati a Serpeverde... ed avevano deciso per il trasferimento sperando di poter fondare una nuova società per i maghi purosangue oltre oceano, restando invero delusi...

Dopo lunghe letture, il mago decide di sottoporli all'attenzione del socio, certo che sarà d'accordo con lui nell'inviarli all'archivio dei diari, presso la biblioteca del Congresso dei Maghi, a Washington.
Si stiracchia, infine, accorgendosi dell'ora tarda solo quando cerca il piccolo elfo per proporgli una tisana e lo trova addormentatno sul divano, davanti al fuoco ormai morente del camino. Lo porta a dormire, come uno strano bambino, e poi nutre il gatto, che reclama lo spuntino notturno, prima di lasciarlo andare finalmente a dormire.
Buonanotte, fantamondo!

giovedì 17 febbraio 2011

Conciliabolo.

Il primo ad accorgersi di quanto era accaduto fu Richard Murray, poco dopo la fuga del demone dai detriti fumanti della casa. Arrivò da Tom di buon'ora e trovò il posto sventrato, devastato da una furia immane. Vagò tra i detriti, cercando tracce dell'amico, chiamò i fantasmi che vivevano con lui, il guerriero acheo, il capitano di marina ed il ragazzino, ma non seppero dirgli nulla. Avevano solo sentito grida e poi l'esplosione che aveva semidistrutto la casa. Atterrito, il mago provò a chiamare Cletus, che non si fece vivo, mentre trovò invece il gattone rosso che ogni tanto si accampava in casa del mago, anch'esso vagava per i detriti della casa, miagolando smarrito. Lo prese e lo portò a casa con se, il cuore pieno di sgomento, temendo il peggio per l'amico. Aprì il negozio, come al solito, per scoprire che la voce della distruzione della casa del faro si era diffusa velocissima, tra gli abitanti magici dell'isola e riuscì a ricostruire parzialmente l'avvenimento, poiché qualcuno aveva visto i lampi di potere magico e poi la grossa figura demoniaca dileguarsi in volo verso il continente. Quello che entrambi più temevano era infine accaduto, il demone aveva preso sopravvento sul mago. Richard si chiese ansiosamente cosa poteva esser successo per condurre l'amico tra le grinfie di quella maledizione, e spedì decine di gufi a tutti i conoscenti ed amici di Tom, sperando di aver notizie.
Fu solo a pomeriggio inoltrato che ebbe notizie, quando Reyes e Serephina entrarono nel suo negozio, accompagnate da un affannatissimo Cletus, che per l'emozione aveva smesso di parlare inglese, per tornare al russo, la sua lingua madre. Il piccolo e paffuto mago, solitamente gioviale e dall'eloquio fluviale, li accolse senza un sorriso, mandò l'elfo a calmarsi in cucina, preparando una tisana per tutti, e tornò a rivolgersi alle due donne, con una sola domanda sulle labbra.
«Avete notizie di Tom?»
«Mr Murray» disse la vampira, lo sguardo grave e preoccupato, prendendo subito in mano la situazione, «Siamo venuti qui perché abbiamo bisogno del suo aiuto.. Il demone contenuto nell'anello di onice che Tom ha trovato a Praga, si è impossessato di lui. Cletus ci ha portate qui da lei: dice che lei e Tom avete studiato l'anello a lungo.. Forse lei sa come fare per liberarlo.»
«Temevo che potesse esser successo questo. Era il terrore di Tom.» disse, chiudendo il negozio e conducendo le due donne nel retro, dov'era la cucina e la scala che dava accesso al suo appartamento, sopra il negozio. Si accomodarono davanti ad un camino, circondato da un largo divano e da due poltrone, le stesse che avevano spesso ospitato lui ed il socio nelle lunghe serate di studio. Sopra il camino era appeso un quadro, dove un'anziana donna, paffuta quanto Richard e con lo stesso sguardo gentile, si torceva le mani, osservando le due donne. Era la moglie di Richard, Clarissa, morta 15 anni prima, ma sempre ampiamente presente nella vita del marito.
«Com'è potuto succedere?» chiese dal quadro. «Tom era così attento, non si lasciava mai andare ad emozioni troppo forti, da settimane a questa parte...»
La vampira sospirò, prima di rispondere: «E' colpa mia.. Ha letto delle.. "cose".. nella mia mente, che gli hanno fatto perdere il controllo...»
Il mago abbassò la testa, troppo discreto per chiedere cosa, e si levò gli occhiali per prendere tempo, scuotendo il capo.
«Io ho scoperto di che demone si tratta, purtroppo.... stamattina ero andato da Tom per dirglielo.» mormorò, mentre il piccolo elfo tornava con un vassoio con teiera, tazze e biscotti. «Si tratta di Asmodeus, uno dei diciotto re infernali, signore della lussuria e del panico. Un nemico ben oltre le capacità del mio amico, pur abile com'è.»
Serephina, tremante, si portò le mani alla bocca, strinse gli occhi ed emise un piccolo gemito, mentre Reyes si passava le mani sul viso. Conosceva bene le gerarchie infernali e quel nome era uno dei più terribili. La governante esitò un momento, prima di aprire la grande borsa che portava e mostrare al mago un libro molto antico, dalla copertina rovinata di cuoio scuro.
«Io ho questo... è un grimorio, me lo ha dato una donna... dice di essere la faccendiera dell'Inferno, sostiene di esser l'incarnazione di un demone ella stessa. Mi ha detto di mostrarlo a Tom e quando lui lo ha letto è rimasto di sasso. Io non so che cosa contenga, ma forse lei...»
Richard prese in mano il libro, dubbioso, cominciò a sfogliarlo ed impallidì, come aveva fatto Tom giorni prima leggendolo. Man mano che sfogliava le pagine si rimpiccioliva nella poltrona, torturandosi i baffoni.
«Mio Dio... questa è la più tenebrosa delle Arti Oscure di cui ho mai letto. Capisco che Tom sia rimasto di pietra. Ma qualcosa, incredibilmente, ci potrebbe aiutare... Quella donna... ve lo aveva dato perché contiene un rituale per aprire un portale con le dimensioni infere. Da esso possono esser fatte uscire le legioni di Asmodeus, ma è altresì possibile rimandarlo indietro, se riusciamo a intrappolarlo di nuovo nell'anello e riusciamo a toglierlo dalla mano del nostro amico. Ma è un grosso rischio... ci vorrebbe un mago di grande talento per compiere quel rituale, io non so se ne sono in grado. Tom potrebbe, forse...» sospirò. «È incredibilmente in gamba come mago, sapete? Sa fare cose straordinarie... cose che non ho mai visto fare da nessuno. Ed è così modesto, dice sempre che sono delle sciocchezze. Eppure... io so che è una persona colta, ha viaggiato tantissimo, ha imparato molto viaggiando, e quando parla delle sue conoscenze... talvolta sembra ne abbia avuto esperienza diretta, se non fosse la persona mite e gentile che è, ci sarebbe da sospettare...»
«Non dire sciocchezze, Richard Murray!» Lo interruppe la donna dal quadro. «Il tuo sospetto è insensato e irrispettoso, ne abbiamo già discusso! Ovviamente Tom non ha mai praticato arti oscure, in vita sua, non è il tipo! Basta vedere la gentilezza con cui tratta quell'elfo!» esclamò indicando Cletus, a cui si inumidirono subito gli occhi.
Le due donne si guardarono, sorprese, e Reyes, che conosceva la vera identità del mago, parve corrucciarsi per un attimo, ma Richard alzò le mani, sulla difensiva.
«Hai ragione, Clara, perdona... tuttavia lui forse sarebbe capace ed abbastanza potente per fare questo incantesimo, con il mio aiuto. Io da solo, sicuramente non ne sono in grado. Così come non ho la più vaga idea di come potremmo catturare Asmodeus, ora che si è impossessato di lui.» Sbuffò, scuotendo la testa.
«Io conosco un cacciatore..» cominciò Reyes. «Un cacciatore di demoni e vampiri. Molto in gamba. È rinomato e temuto tra le creature della notte, si chiama Michael Jim Raven, lo conosce molto bene anche Tom, so che sono anni che si frequentano... da quando si è stabilito negli States, almeno.»
«Sì, me lo ricordo. L'ho visto in negozio un paio di volte, un omone alto, grande e grosso, con una cultura smisurata in fatto di demonologia. Non è del tutto babbano, mi ha detto una volta.»
«Esatto, ed è molto in gamba. Malgrado io sia una vampira, abbiamo fatto amicizia... lui ha capito che non sono un'assassina come la maggior parte della mia specie. Penso che ci potrebbe aiutare.»
«Sapete come rintracciarlo? Io non lo conosco bene.»
«Sì, non sarà un problema.»
Il mago annuì, cominciando a pensare che forse c'era qualche spiraglio di speranza, in loro favore.
«Si, ma come possiamo fare per togliere l'anello a Tom?» chiese Serephina, torcendosi le mani.
«C'è la possibilità di togliergli i poteri... esiste un incantesimo, molto antico, che veniva usato proprio per quello. Ma non è reversibile, almeno nella formula che abbiamo trovato noi. Io non me la sento di usarlo, voglio dire... quell'uomo sa fare cose meravigliose, una volta, per il gruppo teatrale magico di Nantucket, dove recitava anche mia moglie, ha preparato gli sfondi per le scene del “Sogno di una notte di mezza estate” di Shakespeare, diamine, erano talmente perfetti che anche gli spettatori avevano la sensazione di trovarsi in un bosco, c'erano le farfalle ed i folletti che volavano sopra le teste di tutti... era bellissimo. Non possiamo levargli i poteri, senza contare che molti nell'antichità arrivavano addirittura al suicidio, per la brutalità della mutilazione.»
«Mio Dio... vuol dire che abbiamo le mani legate?» Chiese Serephina sempre più allarmata. «Se lo lasciamo in balia di Asmodeus morirà, se gli togliamo i poteri lo condanniamo al suicidio! No! Io non ci sto! Sono disposta a barattare la mia anima con Lucifero in persona, per riportare indietro Tom!» esclamò con le lacrime agli occhi, sbattendo i pugni sul tavolo.
«Calma, calma...» disse Richard, mentre Reyes si avvicinava alla governante, abbracciandola. «Non è ancora detta l'ultima parola. Io e Tom stavamo elaborando delle variazioni su quell'incantesimo per renderlo transitorio. Ora sentite cosa possiamo fare: io andrò con Cletus a casa di Tom, cercheremo tra le sue carte tutti gli studi che aveva fatto, mentre voi cercherete questo Raven, per chiedergli di aiutarci a catturare Asmodeus, d'accordo?»
Reyes annuì, mentre gentilmente consolava la governante.
«Me ne occuperò io. Ora andiamo, Sere... è tempo di tornare al castello.»
Le due donne si congedarono, mentre il mago e l'elfo si materializzarono insieme al faro. Lo studio di Tom era per lo più intatto, ed il piccolo essere magico sapeva dov'erano tutte le carte, così poterono in breve tempo racimolare tutto il materiale necessario. Richard decise di andare a portarlo alla biblioteca del Congresso Magico dei Maghi, dove lavorava un suo caro amico, nonché lontano parente della sua defunta moglie, per vedere quale delle variazioni fatte da Tom potesse esser funzionale.

Nel frattempo, Asmodeus continuava a viaggiare per il mondo, alimentando le paure ed i desideri degli umani, schiacciando sempre più il mago in una morsa di orrore, dentro di sé, nutrendolo di paure e visioni terrificanti, e nutrendosi a sua volta delle emozioni spaventose con cui torturava Tom.

lunedì 14 febbraio 2011

Il faro

Il faro: baluardo di solitudine, unico segno di umanità contro il mare senz'anima. Sorveglia la distesa, girando la sua testa luminosa di guardiano insonne, solitaria guida di erranti dispersi in mare. Un ruolo, un compito che può svolgere solo chi sappia stare con se stesso meglio di quanto stia in compagnia, pur se talvolta non ami troppo nemmeno se stesso. In questo fortilizio, gli unici compagni raccontano storie che arrivano da lontano, nel tempo e nello spazio, e vanno ancora più lontano, a toccare le corde più intime del cuore del guardiano. Libri, storie, vite inventate che solo apparentemente non hanno nulla a che fare con la vita vera. Qualsiasi storia contiene la realtà, anche quando parla di luoghi e di persone inesistenti, contiene la vita più profonda, quella che nella quotidianità non è che il retrogusto, lo sfondo, il sapore che resta in bocca dopo un bacio, dopo una corsa in spiaggia, dopo una risata, dopo un lungo pianto. Quel sapore, quella sensazione, questo è protagonista dei libri migliori. Leggere è vivere due volte, ma come la scrittura è una parte della vita che si può fare solo in solitudine. E solo in quella solitudine si può trovare quello che ci insegna a star bene con gli altri, ad amarli, a comprenderli.
Il guardiano del faro fa il giro della lanterna, controlla che la luce sia accesa e sorride. Un altro viaggio sta per iniziare.
Buonanotte.

domenica 13 febbraio 2011

Gelosia

«Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre.» W. Shakespeare, Otello, atto III, scena III.

Guardò la mano inanellata, sempre più preoccupato.
Erano mesi ormai che lo portava e si era accorto con ansia crescente del potere del demone imprigionato in esso. Si nutriva delle sue emozioni, più forti erano e più lo sentiva scaldarsi. Prediligeva le emozioni negative, rabbia, dolore, tristezza, angoscia, ma si nutriva anche di quelle positive, ed ogni volta che si rallegrava di qualcosa percepiva l'anello scaldarsi ed una strana sensazione, come se qualcosa si muovesse dentro il gioiello. Da settimane aveva ripreso a far meditazione, per trovare e mantenere il più possibile il controllo dei propri nervi e non cedere in alcun modo all'emotività, ma doveva assolutamente trovare il modo di sbarazzarsene, prima che quel demone si caricasse di potere e lo sopraffacesse.
Aveva passato infinite serate con Richard Murray a studiare i tomi che avevano in libreria e spesso si era recato a Washington, alla biblioteca magica del Congresso dei Maghi, l'equivalente statunitense del Ministero della Magia britannico, cercando quante più informazioni gli era possibile sull'anello, sul demone in esso contenuto e sopratutto sul modo per levarselo.
Avevano trovato un paio di testi che parlavano di Agrippa e della lunga battaglia da lui sostenuta contro il demone, di cui non era menzionato il nome, in cui spiegavano che esso rappresentava un vero pericolo solo per i maghi, a causa del loro potere. Questo era il vincolo tra l'anello, il demone in esso contenuto ed il mago, mentre se a portarlo fosse stato un babbano l'anello non avrebbe avuto alcuna influenza sul portatore. In un testo del diciassettesimo secolo si narrava infatti che un boia dell'inquisizione avesse sottratto l'anello al cadavere di un alchimista, portandolo senza problemi, mentre l'alchimista era stato catturato mentre si stava trasformando in demone, a causa di un'emozione folgorante, al punto da metterlo nelle grinfie del demone, divenuto incontrollabile. Il boia poteva togliere e mettere l'anello come un qualunque gioiello, mentre i maghi, come Tom stesso aveva constatato, non riuscivano più a sfilarlo, una volta inserito al dito.
Per settimane i due maghi avevano cercato il modo di sfilarlo, Tom era persino arrivato a valutare la possibilità di farsi tagliare il dito e farlo poi ricucire dai medi-maghi di Boston, ma la prospettiva lo terrorizzava abbastanza da far diventare incandescente l'anello.
L'altra possibilità, per quanto sgradevole, era più semplice. L'idea era elementare, se Tom non fosse stato un mago, avrebbe potuto sfilare l'anello senza problemi. La questione era capire se esisteva un modo per bloccare o rimuovere temporaneamente i suoi poteri in modo da poter sfilare l'anello ed in seguito distruggerlo in qualche modo.
Lunghe ricerche portarono i due maghi in giro per il mondo, attraverso le più rinomate biblioteche magiche del pianeta, arrivarono addirittura a contattare Hogwarts, cercando un incantesimo adatto. Ne trovarono uno, usato nel medioevo come punizione contro i maghi che esponevano volontariamente il mondo magico ai babbani. Erano tempi più severi e crudeli di ora... ed il tradimento poteva portare alla morte. Per quanto i maghi antichi non temessero il rogo, la tortura era impossibile evitarla, e molti, malgrado quello che veniva raccontato nelle scuole ai ragazzini, erano effettivamente morti durante le fasi preliminari dei processi dell'inquisizione, sotto le mani dei boia. Per evitare questo, per punire i traditori del mondo magico, avevano escogitato un incantesimo che bloccava permanentemente i poteri dei maghi. Li rendeva al pari dei babbani, anzi, anche meno. Anche il babbano più babbano possedeva in embrione la sensibilità sufficiente per percepire la magia, quella dei Dissennatori, per esempio, ma un mago a cui fossero stati asportati i poteri sarebbe stato per sempre cieco a qualsiasi forma di magia, anche la più potente, come quella della bellezza o dell'amore. Era uno stato di cecità al potere talmente devastante da esser temutissimo, tra i maghi, e molti tra coloro che erano stati puniti in tal modo avevano finito per suicidarsi, successivamente. Si trattava di una mutilazione così potente, così crudele che era stata presto abbandonata, a favore di metodi meno inumani, come l'esilio, la cancellazione della memoria, la prigionia. Ben lungi dal volersi far togliere permanentemente i propri poteri, Tom meditava piuttosto di trovare il modo di alterare l'incantesimo al fine di renderlo temporaneo, giusto per potersi levare l'anello, ma era così complesso da sfidare anche le sue vastissime competenze magiche. Ne scrisse infinite varianti, chiedendosi se erano valide... e per la prima volta rimpianse i tempi dei mangiamorte. Un tempo avrebbe semplicemente potuto sperimentare queste varianti sui maghi che catturavano, fino a trovare quella adatta, ma ora non poteva permettersi sperimentazioni, e non sapeva quale di quelle versioni poteva esser funzionante. Le tenne per lungo tempo nel cassetto della sua scrivania, scrivendole e riscrivendole, fino a giungere a quattro versioni, che gli parvero più consone delle altre, e non le toccò, riservandosi di cercare un modo il più innocuo possibile per sperimentarle, prima o poi.
Finché non fu troppo tardi.
Era mattina. Era tornato da poco da un viaggio a Istanbul, in parte per cercare ancora informazioni sull'anello, in parte per andare a trovare Reyes Bloodsworth, anch'essa in viaggio per conto proprio, con cui aveva passato una splendida serata. Le aveva raccontato del suo ultimo fallimento sentimentale, con Serephina Wynne, la governante di Castel Dracula, con cui aveva iniziato una relazione, ma che aveva dovuto troncare, incapace di amarla. Aveva cercato conforto nella loro amicizia, ed avevano passato la serata insieme, seguendola a caccia di sangue. Si erano divertiti, erano quasi finiti a letto, e nel cuore del mago, a dispetto della sua razionalità, si era quasi riaccesa la speranza che tra loro potesse esserci qualcosa di più, visto poi che tra Reyes e Fenrir Greyback le cose andavano male, il licantropo era lontano da infinito tempo, ed il mago osava sperare quasi che la donna lo avesse dimenticato, dopo i loro interminabili tira e molla. Girava per il faro, preparandosi colazione e chiacchierando con Cletus sulle ultime novità dell'isola, talmente sereno e felice da sentire persino l'anello scaldarsi leggermente, avido del suo buonumore. Fece interiormente spallucce, pensando che in ogni caso il suo buon umore era uno scudo sufficiente contro il potere del demone, e poi si sarebbe concesso la solita mezzora di meditazione, per riequilibrare la propria emotività, prima di andare in negozio.
Fu quello il momento che Reyes scelse per andarlo a trovare e portargli un dolce... quando si abbracciarono per salutarsi, involontariamente Tom percepì i suoi ricordi. La sua legilimanzia si era ormai ampliata al punto da esercitarla al semplice contatto fisico, e quella mattina non aveva ancora alzato le sue solite difese interiori, che giudicava per altro superflue in compagnia della donna, e fu così che lo vide. Fenrir Greyback, tornato nella vita della vampira, addirittura il giorno dopo il ritorno della vampira da Istanbul, qualche giorno prima. Erano finiti a letto, ovviamente.
Un lampo di gelosia, di delusione, di dolore. Accecante. Brusco, immediato come un lampo. L'anello che portava al dito divenne subito incandescente. Il mago lasciò andare la vampira, che lo guardava perplessa. Si portò le mani al petto, stringendosi la sinistra che bruciava come fuoco. Il volto distorto dal dolore, il respiro affannoso, si avviò verso la cucina, la rabbia che si faceva strada nel suo petto, divorandolo. Fiammate dolorose partivano dall'anello salendo per il braccio, allargandosi in tutti il corpo. Camminava a fatica, senza badare se la donna lo seguiva. Cercava di scuotersi, giunto in cucina si appoggiò al tavolo, respirando a fatica. Le immagini della passione tra la vampira ed il licantropo gli invadevano la mente, senza riuscire a trovare la calma e la concentrazione per scacciarle. La donna che amava, tra le braccia del genere di individuo che aveva sempre disprezzato, un ibrido semiumano, un licantropo, per di più uno dei suoi mercenari. Pochi giorni dopo la sua partenza da Istanbul, per di più. Un gemito di dolore, fisico ed emotivo, gli sfuggì dalle labbra. Avvertì i passi di lei dietro di se, una mano che si allungava a sfiorarlo, e si girò a guardarla, carico di odio. Senza sapere che i suoi occhi non erano più blu ma neri, che la pelle, divenuta grigiastra, si stava muovendo come se qualcosa cercasse di uscire da sotto, con una voce roca e gutturale che non riconobbe si sentì dire alla donna che amava: «Non eri troppo sbronza per far sesso con lui, eh? Basta che lui schiocchi le dita, per farti trovare a gambe aperte... la regina dei vampiri è la puttana dell'ultimo dei lycan!»
La luce della stanza parve per un attimo risucchiata dall'anello, le spalle si piegarono come sotto un peso insopportabile. Il corpo del mago parve gonfiarsi di fronte alla donna, sbalordita e ferita, le mani del mago si deformarono e allungarono, fino a trasformarsi in artigli, il viso si alterò fino a sembrare quello del vecchio Voldemort, bluastro, senza naso, con gli occhi rossi. Con un gesto della mano sbatté la vampira contro il muro, dove ella si ferì contro uno scaffale, lasciando una lunga striscia di sangue sul muro, ricadendo per terra. Cletus, intento a preparare la colazione si era girato ed ora lo fissava spaventato a morte. Squittì di terrore e quando il mago riportò lo sguardo su di lui gli occhi si schiarirono per un attimo. Ansimava, si portò la mano al petto e tornò a volgersi verso Reyes.
«Vattene! Scappa!»
Il demone dell'anello ormai stava prendendo possesso del suo corpo, usando la rabbia e la paura della trasformazione. Un urlo possente e straziato gli uscì dalla gola, mentre continuava a trasformarsi. Cletus raggiunse la donna, aggrappandovisi, mentre lei scuoteva la testa e gridava.
«No! Non me ne vado! Questo non sei tu! Ribellati al demone che ti possiede! Combattilo!»
Il mago si stava trasformando ancora, in qualcosa di ancora più terrificante. Parve diventare alto come la stanza, strappando la camicia che indossava, le braccia e le spalle, nere e muscolose, mostrarono una pelle nera e coperta di scaglie, escrescenze cornee si alzarono dall'epidermide, scaglie sul petto, gli occhi ormai completamente neri e la bocca deformata in un urlo, la voce aliena, arcana, roca. Guardò con ferocia la donna ed il piccolo elfo, il volto deformato, allungato, la bocca piena di zanne spalancata e ghignante.
«Tom è morto, donna!» pronunciò la voce innaturale del demone. Ma quando terminò di dirlo cominciò a tremare, a scuotersi, il corpo si deformò ancora. Urla terribili echeggiarono nella cucina, mentre dal petto del demone parve emergere una seconda figura antropomorfa, somigliante a Tom. Le due figure combatterono, scuotendosi, quattro mani si artigliarono su un solo petto, due teste urlarono con due voci diverse, poi il corpo tornò ad essere uno solo, per un attimo gli occhi chiari del mago si fermarono sulla coppia atterrita di fronte a lui.
«Fuggite! Ora!» Urlò, prima che una fiammata di energia gli riesplodesse nel corpo, ed il demone prese di nuovo controllo del suo essere. La creatura si contorceva negli spasmi di un dolore fiammeggiante, ed un lampo di energia esplose spalancando il tetto della cucina, sopra di loro.
Il piccolo elfo piangeva a dirotto, senza riuscire a reagire, e fu la vampira a scuoterlo, gridando.
«Andiamocene! Cletus! Devi trasportarci lontano da qua!»
Solo allora la piccola creatura si riscosse abbastanza da smaterializzare entrambi lontano da lì, nella dimora della vampira.
Colui che un tempo era il mago e guardiano del faro rimase solo nella cucina semi devastata e ghignò follemente, allargando le braccia. Emise un urlo potente, assordante, mentre allargava il suo potere attorno a sé, distruggendo in parte la casa accanto al faro, poi allargò le ampie ali nere e membranose che gli erano spuntate sulla schiena e si alzò in volo, tacitando le urla del mago che ancora si dibatteva nel suo petto, disperato e terrorizzato. Solo una cosa ricordava la presenza del mago dentro di lui, l'anello di onice, ancora al dito del demone.

lunedì 7 febbraio 2011

Partenza.

Sa di lasciare il faro in buone mani. Prende il borsone da viaggio, lo riempie con quelle poche cose indispensabili: la bacchetta, qualche libro, il taccuino, la penna, qualche abito... se lo carica in spalla, girandosi a dare un'ultima occhiata alla casa. Il viaggio da fare è lungo, era tempo di intraprenderlo, prima che fosse troppo tardi. Ha bisogno di esplorare lati della questione che ha sempre lasciato indietro, come scorie moleste, ma che continuano a tornare a galla, malgrato tutti i tentativi di ignorarle. Si ferma a riflettere, mentre infila denari e documenti nella valigia, domandandosi da dove cominciare, anche se una prima meta del suo viaggio in cuore l'ha già decisa, molto tempo prima. Un ritorno da fare, un viaggio all'indietro, prima di poter tornare a guardare nel presente e mettere un'ipoteca nuova sul futuro. Il primo sguardo è dove non ha più riportato la sua mente da anni, dove tutto è finito, ma anche dove ha avuto un nuovo inizio. Annuisce, convinto, mentre la prima meta del suo viaggio si fa chiara nella sua mente. Termina di far le valige, con la bacchetta copre i mobili, non sapendo quando starà lontanto, fa il giro della casa, chiudendo con sigilli magici il suo studio, per non rischiare intrusioni in sua assenza. Al termine torna alla valigia, sentendosi stranamente leggero, alla prospettiva del viaggio. Si sta liberando di un peso, portato per così tanto tempo da esser diventato ingombrante e opprimente, ma al quale si era in qualche modo abituato, fino al punto da non essersi reso conto di quanto lo opprimeva. Ma è ora di liberarsene, ed il solo modo per farlo è partire.
Sorride, prima di uscire. Il piccolo elfo ed il gatto sono da Richard, al sicuro, ed il capitano fantasma si preoccuperà della manutenzione, come ha sempre fatto in sua assenza. Spegne la luce in casa, lasciando accesa la lanterna, che guiderà i suoi passi al ritorno. Sparisce, in uno sbuffo di fumo profumato.

Citazioni

"ma c'è un vecchio proverbio [...] secondo cui la conoscenza che non viene seguita dall'azione è peggio dell'ignoranza. perchè se tiri a indovinare e non ci prendi puoi sempre dire, merda, gli dei mi sono avversi. ma se sai e non fai, vuol dire che in testa hai soffitte e anticamere buie da percorrere avanti e indietro e a cui pensare. non è mica una cosa sana, produce serata noiose, un eccesso d'alcool e seghe".

Dal Taccuino di un vecchio porco, Charles Bukowski