venerdì 30 dicembre 2011

La mente

La mente non è un'illusione, un'ipotesi. 
La mente è un luogo interno, una dimensione privata e personale che occorre conoscere, esplorare e tenere in ordine, per poterla usare al meglio delle sue potenzialità. 
Ogni giorno bisogna camminare al proprio interno, guardarsi attorno, riconoscere che cosa vi abbiamo messo e decidere cosa ci serve e cosa no, per non aver pesi che ci intralcino ed appesantiscano. Occorre trattare la nostra mente meglio ancora di come trattiamo la nostra casa, perché in essa abiteremo molto di più che in qualsiasi altra casa. 
E come una casa dobbiamo organizzarla: ha una cucina, dove risiedono i nostri problemi di tutti i giorni, ha un salotto, dove alloggiamo i nostri divertimenti, ha una biblioteca, dove organizziamo saperi e ricordi, ha una cantina, dove sono celate le nostre paure, una soffitta, dove albergano i nostri sogni e le ambizioni, la camera da letto, dove custodiamo le nostre passioni... in queste stanze noi passiamo la maggior parte della nostra vita, eppure spesso non ce ne accorgiamo nemmeno, non le guardiamo, le lasciamo riempire di lerciume e disordine, come non tollereremmo mai in casa nostra. 
Per questo la nostra vita si riempie di paure, di pensieri superflui, di confusione: i nostri sentimenti non ci sono chiari, le nostre ambizioni eccessive e confuse, e noi ci sentiamo inermi, incapaci di risolvere i nostri guai, di affrontare le nostre paure. Ma come faremmo in casa, dobbiamo imparare, un passo alla volta, a tenere in ordine la nostra mente, così che le nostre risorse più nascoste verranno a galla, e scopriremo che come la nostra mente è stata ordinata, così la nostra vita tornerà in ordine. 

giovedì 29 dicembre 2011

Antichi spiriti nella neve.

La neve è finalmente caduta sul faro, dandogli uno strano fascino, freddo e ancestrale. Il mago si fa un giro sugli scogli, strizzandosi addosso il lungo cappotto nero, prendendosi il vento gelato in viso, prima di rientrare nel tepore della casa. Sale fino alla lampada, andando a guardare il mare e le nubi gelide chiedendosi quanta neve porteranno, ancora, ed è da là che vede la nave passare. Un vascello fantasma, come ne passano parecchi attorno a Nantucket. Questa non è molto celebre, ma il mago la riconosce ugualmente. Era niente altro che una baleniera, affondata al largo dell'isola proprio la notte di Natale, circa duecento anni prima. E' stato il capitano fantasma che con lui condivide la gestione del faro a raccontargliene la storia, descrivendo le quaranta famiglie della costa che tornavano a radunarsi ogni anno alla chiesa dei balenieri sull'isola per celebrare la messa a suffragio delle loro anime. La baleniera era sulla via del ritorno dopo un viaggio che era durato quasi tre anni e mezzo, ma proprio di fronte al porto era giunto un uragano che aveva letteralmente strappato le vele e l'alberatura dalla nave, mentre le onde, come mani crudeli, avevano spezzato lo scafo trasportandolo sotto il mare. Tutto sotto gli occhi della gente dell'isola, che dal porto assisteva impotente alla tragedia. 
Da quando il capitano era morto, ne vedeva tornare ogni anno il fantasma, e l'equipaggio tornare a casa, ogni solstizio, per ricevere il ricordo delle loro famiglie, finché anche l'ultimo dei discendenti non era morto e non era rimasto più nessuno a ricordarli ed a pregare per loro. 
Toccato il mago ascolta nuovamente la storia dalle labbra evanescenti dell'amico e collega defunto, e decide alla fine di fare la sola cosa che può: torna nel suo studio, accende una candela per ciascuno dei morti e da solo, sull'isola, prega per la liberazione di quelle povere anime dalla dannazione dell'oblio. 
E senza quasi rendersene conto, finisce con lo sperare che qualcuno possa fare altrettanto per colui che fu Lord Voldemort, da qualche parte nel mondo. Che qualcuno che lo pensa morto, pensi a lui con uguale pur se immeritata compassione. 

martedì 27 dicembre 2011

Troppo silenzio, stanotte al faro. Il mago guarda fuori dalla finestra, lasciandosi il libro in grembo, per far scorrere lo sguardo sul mare immobile, sul quale si riflette una luna immota e silenziosa. Troppe storie ha da raccontare, troppe ne ha raccontate a quel mare indifferente. Il silenzio che ora lo avvolge pare esser quello che sale dal profondo del suo animo. Per una sola sera, casualmente, del tutto pacificato. 
Un mezzo sorriso gli si disegna in volto, mentre si accorge di non aver nulla da rimproverarsi o da raccontarsi, questa strana sera d'inverno. Per una volta la sua anima è silenziosa come quella di un fanciullo. 
L'innocenza non è uno stato ancestrale perduto: è ciò che si guadagna alla fine del percorso.

Buonanotte.

giovedì 15 dicembre 2011

Me lo chiedono tutti quelli che leggono la mia storia: ma sei diventato buono? Ve la giro, voi siete buoni o siete cattivi? Io non sono né l'uno né l'altro: sono diventato reale. Carne, ossa, cuore, anima, cervello.
Tutto in conflitto tra loro.

martedì 13 dicembre 2011

*osserva il gatto rovesciarsi placido sul tappeto, davanti al camino... spegne la luce elettrica, ed accende un paio di candele, lasciando che a illuminare la stanza sia solo la calda luce del fuoco e delle due salamandre che alleva nel camino, addormentate abbracciate sul grosso ciocco che ne nutre il fuoco. Tiene il libro che stava leggendo appoggiato su una coscia, un dito a tenere il segno, e si lascia ipnotizzare dalle fiamme, sprofondando in se stesso... nella tenebra che di solito trova nelle profondità della sua anima. Ma stasera, complice forse il chiarore del fuoco e le luminarie natalizie, riaffiora un lontanissimo ricordo, il suo primo Natale a Hogwarts, in compagnia di un paio di insegnanti e qualche compagno di scuola... e dentro lui si smuove qualcosa di molto antico, luminoso ed innocente. E si allunga sul tappeto, abbandonando il libro sul divano, per far le coccole al gatto, grattandone voluttuosamente il ventre, mentre sul suo viso si disegnano contemporaneamente un vago sorriso e delle lacrime.*

domenica 11 dicembre 2011

A day in a life.

5.40 prima sveglia e occhiata omicida all'oggetto

6.00 seconda sveglia, manata in direzione muro e gatto che decide di venire a sedersi sulla faccia

6.01 coccole al gatto, fino alle

6.15 occhiata ai residui della sveglia, riparazione magica e discesa dal letto

6.16 controllo del calendario. se è lunedì, sequela di bestemmie in serpentese, aramaico e russo. se è qualsiasi altro giorno della settimana bestemmie solo in inglese per la levataccia. se è domenica, bestemmie in nanesco, troll e klingon e ritorno a letto, chiedendosi perchè accidenti mi sono svegliato lo stesso.

6.17 cesso, barba, caffè, doccia, caffè, cibo gatti, caffè, vestiti, caffè

07.00 ovvio attacco di nevorosi contro i babbani in bus mentre si reca all'Arcana Cabana per aprire il negozio. Forse bevo troppo caffè.

08.00 arrivo al negozio, rintracciare tutti i soliti oggetti erranti che si son fatti quattro passi negli scaffali e metterli a posto. prima o poi faccio un incantesimo di adesione permanente a sti stronzi...

09.00 apertura del negozio.

9.45 - 10.15 lettura del quotidiano, lunghi pensieri lubrichi sul culo della modella a pagina 18, telefonata all'allibratore per scommettere sulla prossima partita di quidditch

10.30 caffè e primo cliente. giuro. sempre così.

11.00 chiusura del negozio per passeggiata fin dal giornalaio e chiacchiere sul quidditch, per poi tornare in negozio e trovare due clienti petulanti che mi chiedono perchè non apro prima il negozio.

11.08 cerco di non cruciare ed uccidere una delle due clienti che vuole assolutamente comprare il mio elfo.

11.30 arriva finalmente Richard Murray che si prende cura della cliente rompiscatole appioppandole pure un set di bicchieri di cristallo

12.00 lunga chiacchierata con Richard con conseguente rapido inventario delle prossime fiere dell'antiquariato da vedere.

13.00 chiusura negozio con passaggio di consegne a Richard e pranzo insieme al quartiere magico

14.00 salto a Josselin per rubare la nutella a Reyes, anche prima se è lunedì

14.45 sveltina con Helena Kemp se la trovo e se ci sta.

15.30 ritorno a Nantucket per far la spesa

16.30 entrata in libreria con il pensiero "do solo un'occhiata"

17.30 paagamento di almeno una mezza dozzina di libri, pensando "ma dove accidenti me li metto, questi?"

18.30 ritorno al faro con la spesa ed i libri e relativa lite con Cletus perchè ho comprato altri libri da spolverare

18.45 coccole gatto che si è sentito tanto solo in mia assenza

20.00 fine coccole gatto

20.30 cena

21.00 pensieri oziosi sulla lanterna del faro e meditazioni profonde sul senso della vita

21.05 pennica post cena con conseguente oblio di tutti i pensieri profondi appena fatti

22.00 sveglia brusca perchè il gatto e Cletus si inseguono rumorosamente in salotto e decisione di andare a bere qualcosa al porto

23.45 ritorno al faro un pò brillo e decisione di scrivere un pochino prima di andare a letto

23.55 crollo addormentato sul divano cercando di scrivere due parole.

23.56 Cletus mi deposita a letto ridacchiando.

giovedì 24 novembre 2011


Dopo aver salutato gli ultimi ritardatari, il mago si abbandona sul divano semicircolare, l'ultimo bicchiere di bourbon in mano... si massaggia le tempie ed il ventre, strapieni di cibo, ma si sente soddisfatto. Beve l'ultimo sorso e si perde a guardare il mare, fuori dalla finestra, pensando "ora vado a dormire... ora vado... ora...." e poi si addormenta sul divano, da cui lo rimuove con mezzi magici l'elfo, circa mezz'ora dopo. 
Buonanotte e felice Ringraziamento...
//E visto che ringraziare non è una brutta cosa, grazie. A tutto il fantamondo, che mi fa ridere e piangere ed incazzare. Ma sopratutto mi fa sognare. Grazie infinite, ragazzi.

martedì 22 novembre 2011


Buio, quasi totale. La luna non è che un pallido taglio nel cielo, minuto e calante. 
Le nubi coprono quasi tutto. Il vento da nord porta il gelo, tagliente, cannibale. 
Il mare ringhia, affamato di vite innocenti. Mani rapaci si aggrappano sugli scogli, in attesa di incauti. 
State in casa. Qualcosa di malvagio cammina sulla terra questa notte. 
Il guardiano del faro vi ha avvertito.
Buonanotte.

lunedì 21 novembre 2011

*la notte è ormai calata, sull'isola. Non ci sono più turisti, ed i residenti hanno l'abitudine di starsene a casa, quando fa freddo. Il mago cammina per il porto, solitario, godendosi il silenzio. Solo il mare fa udire il suo canto notturno, ed è come un vecchio amico che ti riaccoglie, dopo una giornata infinita a sentire solo la furia del mondo nelle orecchie. Il silenzio del mare, la sua assoluta esistenza, la vita che si propaga da esso, potente e silenziosa.. questa è la cura più grande per un misantropo che desidera solo la solitudine del faro. E ad esso torna, a passi lenti, lasciando che il vento giochi con i suoi capelli ed i suoi pensieri.*
Buonanotte, fantamondo. 

mercoledì 16 novembre 2011

Nuvole in lontananza, il cielo che di nuovo si trasforma, minaccioso. Il sole non è che una fragile tregua, sulla costa, mentre il vento è la sola certezza. La trasformazione è certa, l'impermanenza una costante. Tutto si trasforma, muta, ed è sopratutto di fronte al mare che è più facile ricordarlo. Quando ogni cosa cambia aspetto da un giorno all'altro, è più semplice confrontarsi con la precarietà dell'esistenza.
Forse addirittura è consolante sapere che di fronte al mare siamo solo piccole nullità, che solo quello, nella sua infinita mutevolezza, resterà indifferente di fronte alla rapidità con cui spariscono le nostre piccole vite.

martedì 15 novembre 2011

il porto al tramonto si illumina di piccole luci... le barche che ondeggiano sull'acqua sembrano danzare in sincrono, nel silenzio le voci sembrano giungere al faro. Il profumo di cucina si diffonde, odore di pesce in mille diverse ricette, ed anche fetore di pesce marcio dall'acqua, ma fa tutto parte della vita sul mare. Il mago gironzola, indeciso se andare a mangiare tra i babbani o nel quartiere magico, dove ha aperto un nuovo locale, da quando una coppia di maghi sono venuti a stabilirsi nel quartiere dal continente. Alla fine si decide per la novità, ed entra nel quartiere magico dal solito accesso, invisibile ai babbani: niente più che una cabina telefonica, una delle poche ancora funzionanti sull'isola. Da lì passa nel quartiere magico, dove un intenso profumo di dolci e di spezie invade le sue narici... ed un barlume di ottarino rende soffusa la luce sparsa dalle lanterne. I maghi americani sono meno "diversi" rispetto agli europei... sembrano quasi babbani, nell'abbigliamento ed in molte abitudini, ma una cosa non manca mai, da una parte e dall'altra. 
La magia, che tutto permea. 
Il mago sorride. Questa, più di tutte, è la sensazione del ritorno a casa: la magia.

domenica 6 novembre 2011



Ora lo so: una vita sola non è sufficiente. Non basta a capire chi sei, che cosa stai facendo, perché lo fai... da dove arrivi e dove vuoi andare. 
Sopratutto perché le risposte possono esser sempre diverse, di volta in volta. Ed ogni risposta vale una vita intera, non ci sono storie. 
Forse è per questo che la spiritualità occidentale non mi ha mai ispirato: dicono che abbiamo una sola chance. Stop, finita quella sei fregato. 
Non è vero. Ne abbiamo una sola per volta. Finita quella, se non ti è bastato, riparti, e fai un altro giro di giostra. 

mercoledì 2 novembre 2011

buonanotte, fantamondo. anzi, vaffanculo.

la notte ormai arriva prima.. non fai in tempo ad accorgersi di che ora sia che è già arrivato il tramonto. E quando vivi in un faro te ne accorgi ancora di più, quando la lampada comincia a rasoiare il buio circolarmente. E tu che guardi il mare ti chiedi se non stai girandoti attorno senza un vero senso, senza significato alcuno... come un cane che si insegue la cosa. Ed allora che fai? cerchi una direzione, ma ne trovi una sola.. verso il letto.  


mercoledì 26 ottobre 2011

Samhain in arrivo.

Sul molo, di fronte al faro... il vento freddo lo abbraccia, ma l'uomo resiste tenace a guardare il mare mosso. La nebbia sta salendo dal mare, presto l'orizzonte scomparirà in una coltre di latte, ma per il momento è ancora visibile, insieme al cielo a malapena illuminato dalle stelle. Rabbrividisce, ma non ha ancora voglia di rientrare in casa. Quando infine si decide a farlo, resta di sasso a guardare il molo. Una folla, letteralmente. Un centinaio di persone che camminano, uscendo dal mare. Lentamente, a passi misurati, si arrampicano fuori dall'acqua e si incamminano verso il mare. I loro abiti sono i più diversi, dalle marsine da marinaio del seicento fino alle divise della marina americana del secolo corrente. Guardano fissamente di fronte a se, senza guardarsi attorno, senza nemmeno sfiorarsi. Espressioni attonite sono dipinte sui volti pallidi, gli occhi spalancati, neri e profondi come pozzi.
Il mago avanza, silenzioso. Guarda gli abiti stracciati, le mani divorate dai pesci, la pelle cadente. I morti in mare tornano a riva. Il passaggio di Samhain comincia ad aprirsi, lentamente. La luna nera spalanca le porte verso il lato oscuro, e chi non poteva tornare si affaccia per un attimo sul mondo dei vivi, per una fuggevole occhiata.
Rabbrividendo ancora di più di un freddo arcano il mago torna al faro, chiude la porta e sigilla tutte le entrate, porte e finestre, con sigilli magici di protezione. Non ha proprio voglia di questo genere di visite notturne... per i prossimi giorni sarà il caso di rafforzare le difese magiche. Si infila nel suo studio, accompagnato da un bicchiere di scotch, per studiare le nuove protezioni, e si addormenta in poltrona.

lunedì 24 ottobre 2011

Jack O'Lantern fine

“Perché? Perché devo vedere queste persone? Che cosa mi vuoi dire, che sono stato un assassino? Credi che non me lo ricordi?”
NO. VOGLIO CHE TU VEDA ALTRO IN QUESTE MORTI, TOM. MI HANNO MANDATO AD INSEGNARTI ALTRO CHE IL RIMORSO. QUELLO MI PARE CHE TU LO STIA IMPARANDO PER CONTO TUO, NON È VERO?
Lo spirito si girò, voltandogli le spalle. Gli fece un cenno con la mano, per invitarlo a seguirlo, ma Tom non avrebbe potuto disobbedirgli. Si incamminarono lungo la discesa, e parve che la nebbia si dissipasse. Ora di fronte a loro si ergevano le rovine di una grande villa signorile. Non fu difficile per il mago riconoscerla. Era quella da cui era fuggito, quando era tornato in vita. Ben sette spiriti si alzarono da quelle rovine, avvicinandosi alla coppia. Ma una sola osò avvicinarsi, uno spirito femminile.
“Anya.” mormorò Tom.
“Mio Signore...” la voce roca della donna aveva ancora un tono sensuale, come Tom lo ricordava. “Non me lo aspettavo, sapete? Non avrei mai pensato che sareste fuggito, che poteste desiderare una vita diversa... che delusione. Non vi avremmo riportato in vita, se avessimo pensato che potevate tornare diverso... rabbonito! Ma io dico che sotto sotto... siete stato solo un pavido. Siete fuggito da noi per fuggire a voi stesso. Avete paura di ammettere che siete ancora lo stesso. Che non siete cambiato, che vi è piaciuto ucciderci. Abbiamo riportato in vita la parte peggiore.. quella pavida, umana!”
Rise. Cominciò a ridere, irrefrenabilmente, di fronte a Tom che sentiva le lacrime scorrergli sul viso. La sola cosa che lo aveva tenuto aggrappato alla vita, fino ad ora, era che la sua vita avesse un senso diverso. Che quelle morti iniziali potessero non significare un altro fallimento. Sapeva che erano mangiamorte, che se li avesse guidati sarebbe ricominciato tutto. Aveva voluto credere che ucciderli e fuggire fosse stato il prezzo da pagare per un nuovo inizio, ma forse non era vero... forse era solo un'altra sconfitta, la prova che non era cambiato, che non poteva cambiare.
“Basta!” gridò, alzando una mano ed attraversando il volto ectoplasmatico della donna, come se potesse schiaffeggiarla. L'attraversò, e la donna non smise di ridere. Anzi, rise più forte, sparendo tra le rovine, seguita dalle ombre silenziose degli altri sei.
“Basta...” mormorò il mago, il viso solcato dalle lacrime, rivolgendosi verso lo scheletro ammantato, il teschio ghignante che pareva guardarlo ancora più beffardo. “Ti prego, riportami indietro..” tremava, non si era mai sentito così impotente. Si sentiva svuotato, come se la sua magia fosse scomparsa totalmente.
TOM... ABBIAMO ANCORA COSì TANTO DA VEDERE! CORAGGIO.
“Ti prego... non posso vedere altro.” Prese fiato. “E poi ora... non ho più ucciso nessuno. Sono...”
Stava per dire di essere una brava persona, ma non era vero, lo sapeva. La cosa che più lo spaventava era la consapevolezza di conservare ancora dentro di sé un nucleo intatto di odio verso il mondo, di fastidio ed insofferenza verso l'umanità intera che spesso sfociava in malumori devastanti. Non odiava più solo i babbani, il suo fastidio si era traghettato intatto verso tutto il resto dell'umanità, maghi e non maghi. Lo teneva a bada, ma sapeva che era lì, bruciante, tutte le volte che si trovava in mezzo alla folla, ogni volta che toccava con mano i pregiudizi, l'ignoranza, la superficialità, l'indifferenza. Solo che stavolta non la vedeva solo nei babbani ma anche nei maghi. Ed era sempre più restio a mescolarsi tra la gente. Ora che non riusciva a dimenticare Reyes, che non riusciva più ad innamorarsi, si sentiva sempre più isolato dal mondo, lontano, pieno di rabbia e di dolore. Ed aveva paura di sprofondare di nuovo nell'odio, nella rabbia che aveva coltivato prima della sua sconfitta, fino a ricominciare ad uccidere come un tempo.
DOBBIAMO CONTINUARE, TOM. HAI VISTO IL PASSATO, ORA VEDRAI IL TUO PRESENTE.
Attorno a loro si materializzò un cimitero. Lo riconobbe, era celeberrimo. Pere Lachaise, a Parigi. Ed una tomba che aveva visto solo nelle foto dei giornali, il giorno del funerale. La tomba che conteneva la salma della sua ex moglie. La Diva.
La donna emerse dalla fredda pietra, algida e bellissima, ancora più di quanto fosse in vita. Solo l'espressione era dura, feroce, più di quanto l'avesse mai vista. L'ombra alzò il viso ed una mano, indicandolo con l'indice, teatralmente. Nella morte, quanto lo era stata in vita.
“Tu!” Esclamò. “Mi hai ingannata... non mi hai mai amata veramente. Non eri capace di amare! Io, io sì ti ho amato! Quanto la mia vita, quanto la mia stessa anima! Ma tu! Non tu... freddo, incapace di amare, bugiardo!”
Il mago scuoteva la testa. Cercò di rispondere, aprendo e chiudendo la bocca. Dentro di sé sapeva che non era vero, che ne era stato innamorato... forse non l'aveva amata altrettanto, forse lei lo aveva amato di più, ma non era stato totalmente freddo. Ma non riusciva ad esprimerlo, così come non ne era stato capace quando era in vita, quando stavano insieme. Quello, tra le molte cose, aveva ucciso il loro matrimonio. I suoi silenzi, le sue amarezze. Quello aveva ucciso tutti i suoi amori, anche quando aveva imparato ad esprimerli, il buio che si portava dentro annichiliva tutti i suoi rapporti. Non sarebbe mai stato capace di amare davvero, non avrebbe mai potuto redimersi. Tutte quelle morti non potevano che dirgli quello. Era condannato, era un mostro destinato alla solitudine, se solo riusciva a evitare di tornare ad essere un assassino come prima.
Cadde sulle ginocchia, cominciando a piangere calde lacrime, singhiozzando, quasi gridando di dolore. Non vedeva speranze, non vedeva futuro. Tutto quello che aveva fatto era inutile, poteva solo far male a se ed agli altri. Forse la sola cosa sensata sarebbe stata che Jack lo portasse via, subito. Immediatamente.
Forse era per quello che era arrivato? Era quella la ragione per cui non esistevano testimonianze sul funzionamento della maledizione di Halloween? Perché erano tutti morti. Non si sopravviveva alla visita di Jack. Prese fiato, posando le mani sulle cosce. Alzò il viso tormentato verso lo spirito.
“Sei venuto a prendermi? Sei qui a portarmi via, non è vero?”
Per un attimo il pensiero gli parve buffo. Condannato a morte non per i suoi veri peccati, ma per non aver saputo trovare una lavatrice d'antiquariato ad una vecchia rincitrullita. Sulla maschera di Jack la luce cambiò tonalità, per un attimo Tom pensò sorridesse.
NO TOM. NON SONO QUI PER PORTARTI VIA. NON ANCORA, ALMENO.
Il mago abbassò la testa... in parte sollevato, in parte affranto.
“Cosa vuoi ancora da me? Perché mi stai mostrando tutto questo?”
LO CAPIRAI, TOM. DOPO QUESTO.
Lo spazio attorno a loro cambiò ancora. Era sempre un cimitero, ma era diverso, questa volta. Non sapeva dove potevano essere, ma le tombe erano di più attorno a loro. Sembrava un cimitero militare, lapidi ordinate in mezzo all'erba, a perdita d'occhio. Alcune erano semplici croci, altre avevano una foto e qualche scritta. Lo spirito lo precedette, camminando tra le lapidi. Ogni tanto si fermava, indicandogliele. Tom si alzò a fatica e cominciò a leggere le lapidi. I nomi che lesse lo lasciarono agghiacciato.
Michael Jim Raven. Helena Esmen. Raiden des Chateaubriandt. Lily Addams, Derek Gutierrez, Richard Murray, Cletus Crowley Riddle. Tanti altri. Tanti nomi, tante parole in ricordo, tanti quanti erano gli affetti più recenti del mago, da quando era tornato. Tom rabbrividì, leggendo i nomi, senza fiato. Tutte sue vittime? Alla fine avrebbe ucciso anche loro? Avrebbero avuto anche loro qualcosa da rinfacciargli? Lesse le lapidi, su cui c'erano scritte. Tante memorie, tante parole affettuose.
Mentre camminava tra le lapidi, vide una figura camminare tra esse. Una figura familiare, femminile, seguita da un altro paio, poco dietro. Tre figure ammantate, vestite di nero. Si avvicinarono, sentirono le due più arretrate parlare tra loro, mentre la prima camminava decisa, portando fiori tra le braccia.
“Possibile che ogni anno dobbiamo seguirla in questo calvario? Quando la smetterà di rimpiangerli?” disse una familiare voce femminile.
“È il suo modo di restare umana... è la sua maniera di mantenere un ricordo. Bisogna comprenderla.” disse l'altra, maschile.
“Sì, ma è una rottura! Tutta la corte le ride dietro, per questa debolezza!”
“Non le ridono dietro... la rispettano per questo. Anzi, qualcuno l'invidia.”
“Tu, forse? Il grande Jason rimpiange la propria umanità?”
“No, Helena... compiango chi l'ha persa tanto da non comprenderla.”
Il mago li riconobbe. Helena Kemp e Jason Kovacs, i consiglieri della regina dei vampiri. Allora la figura che camminava poteva esser solo lei. La inseguì, fino a raggiungerla. Reyes Bloodsworth camminava spedita tra le tombe, fermandosi a posare i fiori ed a mormorare qualcosa a ciascuno. Si fermò sulla tomba di Fenrir Greyback, mormorando qualcosa mentre accarezzava la foto. Appariva molto più vecchio di quanto il mago lo ricordasse, e solo allora si rese conto che tutte le foto sulle lapidi ritraevano dei vecchi. La seguì, mentre arrivava all'ultima. La vide sedersi, posare un mazzo di rose nere, carezzare una foto che non riconosceva e sorridere.
“Tuo nipote è diventato padre, sai?” diceva. “Ad Hogwarts gli hanno fatto festa, quando lo ha detto. Tutti i suoi allievi gli hanno fatto i complimenti. Una coppia di gemelli. Hanno tutti i tuoi occhi, Tom. Blu come il mare.”
Il mago si sedette, invisibile, accanto alla vampira, commosso nel vederle luccicare delle lacrime negli occhi.
“Ormai non puoi vederli, ma io si. Vedrò i tuoi bis- nipoti crescere e diventare grandi maghi, come te. Onorati, amati. Sono brave persone, sai? Hai lasciato dietro di te tanta luce, anche se credevi di non esserne capace. Spero che tu e tua moglie, ovunque siate, possiate vederli, come li vedo io. Vorrei che foste ancora qui, vorrei che foste ancora qui con me, tutti quanti...”
Il mago guardò le lacrime scorrere sul viso della vampira, straziato. Allungò una mano per asciugargliele, ma il suo tocco era evanescente, e non ottenne alcun effetto. Guardò la foto sulla lapide, riconoscendosi, infine. Era lui, il volto attraversato da rughe. La scritta era semplice, elementare.
Tom Crowley Riddle, amato marito, padre affettuoso, amico sincero.

Tom si svegliò di soprassalto. Sudato, ansimante, si portò una mano al petto. Era stato solo un sogno? Nessuno meglio di lui sapeva che anche i sogni potevano essere reali. Si guardò attorno e tutto era uguale come sempre, nella sua stanza. Nulla era cambiato. Tranne quella zucca intagliata, sul comodino. Non era una zucca vera, era fatta di marzapane. Un biglietto era appoggiato di fronte ad essa, e nella calligrafia un po' infantile di Cletus era scritto:
“Felice Halloween, Tom! La colazione ti aspetta in cucina, io sono a fare la spesa, ma torno prima di pranzo. C.”
Il mago si alzò, prese in mano il dolce e lo osservò, incuriosito. Il volto sogghignante era identico allo spirito del suo sogno. Non avrebbe saputo dire se era stato solo un sogno oppure no, ma non era il tipo da sottovalutare una maledizione fatta da una vecchia fattucchiera. Tornò in negozio, cercando tra le anticaglie una vecchia lavatrice dell'ottocento e poi fece recapitare dal gufo una foto della stessa alla vecchietta, con un biglietto.
“Era forse questa che cercava?” vi aveva scritto.
Non ottenne risposta, ma due giorni dopo la donna tornò in negozio, felice.
“Finalmente avete capito quello che cercavo, eh?” chiese, sorridendo.
“Già. Pare di si, madama.” Rispose Tom.
“Allora è servito incontrare Jack, vero?” chiese ammiccando.
Il mago rimase a bocca aperta.
“Bravo ragazzo... ed ora almeno ha un'idea della direzione in cui sta camminando, vero?”
“S-si.... credo di aver capito.”
“Bene. Il mio ragazzo fa sempre un buon lavoro, quando lo mando in giro.”
“Il mio ragazzo?”
“Il mio cagnolino fedele... il più bravo di tutti.”
La vecchia fece sparire la lavatrice con un colpo di bacchetta. Si inchinò al mago, e sorridendo gli diede una pacca su un braccio.
“Ci rivedremo, Tom... quando sarai pronto per incontrare Ecate, ci rivedremo.”
Sparì in uno sbuffo di fumo, lasciando il mago basito a guardare il vuoto.



venerdì 21 ottobre 2011

Jack O'Lantern

Jack O'Lantern

A volte i clienti del negozio lo facevano diventare matto... pretendevano avesse in negozio cose di cui avevano solo sentito parlare e di cui avevano una vaga descrizione, e si offendevano mortalmente se non era così sagace ed inventivo da capire da solo quello di cui stavano parlando. Era un'ora che cercava di farsi spiegare da quell'anziana fattucchiera che cosa stesse cercando, e quello che era cominciato come una sorta di indovinello era diventato una specie di caccia al tesoro e stava per concludersi con un omicidio colposo preterintenzionale. Tom cercava di mantenere la calma, di fronte alla vecchietta che insisteva che dovevano avere quel coso rotondo che serviva per fare le cose che faceva lei, senza fornire descrizioni più specifiche e comprensibili degli strani gesti che compiva per aria, ruotando qualcosa che pareva una manovella ed avvitando forse qualcos'altro. Ma non si riusciva a farle spiegar meglio che cosa volesse, straparlava che ne aveva uno da ragazza, che le era utilissimo in casa, sopratutto con i cosi che infestavano il giardino, che sua mamma lo usava sempre, ma che da quando si era rotto il suo non era più riuscita a trovarlo, ma che loro che erano antiquari dovevano per forza averlo!
«Quel coso, suvvia, possibile che non sappiate di cosa parlo?» insisteva la vecchietta, rivolgendosi sopratutto a Richard. I due maghi si guardarono smarriti: avevano cercato di indovinare in tutti i modi, ed ora stavano cercando di convincere la vecchietta a fare almeno un disegno di quello che aveva in mente, ma non c'era verso, la donnina si ostinava a dire che dovevano sapere di cosa si trattasse. Tom cominciava veramente a perdere la pazienza, là dove invece il suo socio pareva conservarla ancora. Quando Richard infine si allontanò per servire un altro cliente, lui guardò duramente la strega negli occhi e con durezza le disse: «Signora! Mi pare evidente che non possiamo sapere cosa lei abbia in mente, per cui o si decide a trovare un nome a quello che sta cercando, o la invito a tornare a casa e farsi venire un'idea molto più chiara di quello che ha in mente, ma qui non abbiamo più tempo da perdere dietro ai suoi farneticamenti!»
La donna lo guardò prima sbalordita, poi indispettita.
«Giovanotto...» cominciò con voce glaciale. «Prima o poi avrà anche lei la mia età! Ma prima di allora, che possa incontrare Jack Lantern, così imparerà a trattare le signore anziane!» Concluse, agitando un dito, poi si cacciò una mano rugosa in tasca, ne trasse un pizzico di polvere e la buttò addosso al mago, che starnutì. Poi si erse in tutta la sua scarsa altezza e si girò sui tacchi, uscendo dal negozio a grandi passi.
Il mago sbuffò, infastidito, spolverandosi quello che pareva semplice talco dalla manica e dai capelli. Aveva spesso sentito la maledizione dello spirito di Halloween, ed era sempre stata considerata niente più che una blatera da vecchi, poiché non si conoscevano casi accertati in cui avesse funzionato. Stando alla leggenda, chi la riceveva avrebbe dovuto ricevere la visita dello spirito, che gli avrebbe fatto incontrare i fantasmi di tutti coloro che tra i propri amici erano morti, che avrebbero dovuto mostrargli la verità su chi era e che stava facendo... ma quando mai, si disse il mago. Era una maledizione da burletta, buona solo per spaventare i bambini.
Non ci pensò più, per tutta la settimana che precedeva Halloween ebbero fin troppo da fare, per ricordarsi di quella vecchietta.
La notte di Halloween finalmente i due maghi si concessero una cenetta insieme, nel ristorante del quartiere magico, e poi assistettero allo spettacolo celebrativo, al rito magico di commemorazione dei morti e bevvero anche il bicchiere della staffa, proprio alla salute del vecchio Jack, e fu allora che Tom rammentò la maledizione. Ne sorrise, mentre tornava al faro. Fece il solito giro, riflettendo sulla leggenda, senza prenderla troppo sul serio, secondo cui lo spirito portava l'anima dei morti avanti ed indietro tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti. Non era così religioso da credere a quelle leggende, ed aveva sempre considerato la mitologia come un semplice modo di approcciare il mondo e le dinamiche della magia in epoche in cui questa non era stata sufficientemente esplorata.
Al momento di andare a letto, aveva infine dimenticato tutto.

Durante la notte, nella stanza da letto del mago si materializzò uno spirito alto, magrissimo... aveva una strana luminescenza attorno alla testa, che traspariva dal cappuccio con cui l'aveva coperta. Il mago dormiva profondamente, mentre questo spirito altissimo si aggirava nella stanza, osservando gli oggetti sparsi in giro. Tornò al letto, a guardare l'uomo addormentato, fissandolo da vicino. La strana luminescenza illuminava il volto del mago di una luce arancione, calda... ed una lunga mano bianca passava a poca altezza dal mago, come se lo stesse accarezzando senza mai toccarlo. Lo spirito annuì, e con un lungo dito lunghissimo allontanò il cappuccio, svelando quella che pareva una zucca scavata ed intagliata per sembrare un teschio. E lo sembrava realmente: non era solo la classica zucca, ma era stata scavata e intagliata, fino a sembrare una testa corrosa dalla putredine, un volto deformato dalla morte in un ghigno beffardo. Al suo interno vi era una luce, che traspariva dalla bocca, dal naso, dagli occhi, e pareva dipingere un'espressione maligna su quello strano volto. Una voce ultraterrena, raschiante e roca uscì dal buco ove era la bocca, pronunciando il nome del mago.
TOM.
Il tono era basso, ma chiaro come se non avesse bisogno di esser pronunciato. Anzi, quando il mago si svegliò e si trovò a fissare il volto ultraterreno che lo fissava, pensò di averlo sentito solo in testa. Ed il secondo pensiero che ebbe fu che Jack non era affatto divertente come quello che facevano i ragazzini con le zucche.
BEN SVEGLIATO. MI HANNO MANDATO A FARTI UNA VISITA.
Questa volta Tom ne era certo. Non lo aveva sentito. Era la telepatia più chiara che avesse mai sperimentato in vita sua. Si allontanò dal volto sovrannaturale, arretrando sul letto, artigliando le coperte, in un irrazionale moto fanciullesco di protezione, come se le coperte potessero in qualche modo proteggerlo da quello che doveva evidentemente esser un incubo.
NON SONO UN INCUBO, SPIACENTE.
La risposta lo lasciò a bocca aperta. Non aveva mai temuto nulla, in vita sua, ma scoprì di aver paura. Onestamente, con tutto il cuore. Non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi come fosse possibile, che ottenne la risposta.
MI HA MANDATO QUELLA DONNA. UNA VECCHIETTA, UNA DELLE MIE POCHE SEGUACI SOPRAVVISSUTE. STAVA CERCANDO UNA LAVATRICE, MA LEI RICORDA ANCORA QUELLE DEI SUOI TEMPI.. SAI, QUANDO AVEVA VENT'ANNI, NEL 1812, ERANO FATTE IN MANIERA DIVERSA. PECCATO NON GLIEL'ABBIATE TROVATA.
Voleva chiedere chi era, ma non fu necessario spiccicar parola nemmeno questa volta.
MI CHIAMANO IN TANTI NOMI... BARON SAMEDI', JACK LANTERN, MORTE, ADE... MA CHE IMPORTA? SONO QUA PER FARTI VEDERE UNA COSA. VIENI.
Il mago avrebbe voluto resistere, prendere la bacchetta, mandare via quel.. quell'incubo, ma scese ubbidiente dal letto, senza potersi opporre. In compenso riuscì a recuperare il fiato.
“Dove vuoi portarmi?” chiese.
DEVI VEDERE UNA COSA, TOM. O TI DEVO CHIAMARE VOLDEMORT?
“T-Tom, va bene Tom...” era atterrito. Sì, era terrorizzato. Lo spirito era in piedi davanti al letto, coperto da un mantello drappeggiato su spalle che parevano innaturalmente scarne, e quando il mago si alzò era di tutta la testa più basso dello spirito, malgrado non fosse affatto di piccola statura. Tremava di freddo e di paura.
“Sto per morire?”
NO. MA STAI PER INCONTRARE UN PO' DI PERSONE CHE HANNO GIA' FATTO IL SALTO, TOM. E MOLTI ME LI HAI MANDATI TU DI PERSONA. TE LI RICORDERAI, SCOMMETTO...
Lo spirito alzò una mano scarna ed una nebbia parve infiltrarsi nella stanza da sotto le finestre e dalla porta. Tutto scomparve, attorno a loro, e si trovarono su una specie di altura, nella notte, circondati solo di nebbia. Questa pareva agitarsi, muoversi, strane forme sembravano consolidarsi nelle spire di fumo denso, come se cercassero di trovare una forma stabile, ma si dissipavano dopo pochissimo. Volti spettrali, deformi, mani adunche, parti di corpi devastati e divorati. Lo spirito convocò una spira di nebbia, che pian piano, passando attraverso una trasformazione successiva, parve prendere finalmente una forma stabile, pur se trasparente. Il mago rabbrividì e perse il fiato. Stava fissando se stesso, identico. Lo stesso volto, gli stessi lineamenti. Il viso spettrale parve colorarsi, e solo allora apparve la differenza. Gli occhi, che il mago aveva blu, erano castani.
“P-padre...” mormorò il mago. “Tu sei mio... padre.”
Il fantasma annuì, senza ancora profferir parola.
“Io ti... ti...”
“Mi hai ucciso, sì. Sono stato il primo, ricordi?” Una specie di sorriso si dipinse sul volto ectoplasmatico. “Scommetto che gli altri non ti sono piaciuti altrettanto, vero?”
Tom ansimava, incapace di rispondere. Era vero. Uccidendo gli altri non aveva mai più riprovato l'ondata di emozione che gli aveva scatenato uccidere suo padre. Era stato esaltante, spaventoso e bellissimo. Una sensazione di potere, paura, rabbia, liberazione... qualcosa che non aveva mai più ritrovato negli omicidi successivi. Erano stati emozionanti, ma nessuno come il primo.
Lo spirito lo fissò a lungo, sembrava quasi studiarlo.
“Hai gli occhi di tua madre... non era cattiva, sai? Non l'ho mai amata, e ne ho avuto orrore quando ho scoperto cosa mi aveva fatto. Ma non era cattiva. Era solo infelice. Avrei dovuto venirti a cercare, quando sei nato... ma sarebbe stato uno scandalo troppo grande. Mi spiace...” disse, prima di cominciare a dissolversi. Le ultime parole parvero solo sussurrate, ma si incisero nella mente del mago, indelebilmente.
AVANTI, VENITE... TOCCA A VOI, ORA...
Dalla nebbia emersero altri volti, altre persone. Pian piano, in fila, Tom rivide tutti coloro che aveva ucciso, arrivando ai genitori di Harry Potter ed a quel ragazzo, Cedric Diggory. Lo guardarono, con commiserazione, senza dire nulla. Ed infine emerse anche Severus Piton. Gli altri lo guardavano, silenziosamente. Solo Piton infine fece un passo in avanti, arrivando di fronte al suo ex Signore.
“Ne è valsa la pena. Ora che vi vedo, so che è valsa la pena morire per sconfiggervi, Mio Sig...” si interruppe, ed uno dei rari sorrisi del Maestro di Pozioni si dipinse sul volto dell'ectoplasma. “Tom. Certe abitudini non muoiono, a quanto pare.”
“Severus...” Mormorò il mago, allungando una mano verso il professore.
“Non ditemi che siete dispiaciuto, Tom. Non vi crederei. Avete fatto quello che pensavate giusto, ed avete sancito il vostro destino. Ne è valsa la pena, credete. La vostra sconfitta, la fine della vostra tirannia, sono stati un premio, per una vita come la mia. La vostra morte è stata la mia vittoria.”
Il mago fantasma fece un passo indietro, e sparì, portandosi via tutti gli altri spiriti.
Tom si strinse le braccia al petto, a malapena coperto dalla tshirt che usava per dormire, rabbrividendo. Aveva indosso quella ed un paio di pantaloni da pigiama, e gli pareva di gelare, letteralmente, eppure non vedeva l'alito rapprendersi nell'aria. Non era vero freddo quello che sentiva, era chiaro. Sentiva una morsa di ghiaccio nel cuore, come se una mano fredda stesse stringendo qualcosa di molto intimo e privato dentro di lui, una parte che non era nemmeno del tutto cosciente di avere. I rimorsi per il suo passato lo strozzarono, agghiacciandolo, tutte quelle morti, quelle facce, il sorriso che avevano tutti mentre Piton parlava... come se tutti avessero trovato nella sua sconfitta la pace che cercavano, la vendetta.
Il mago si passò una mano ghiacciata sul volto, poi si girò timidamente a guardare il teschio luccicante di Jack.
NON ABBIAMO ANCORA FINITO, SAI?


Continua... 

giovedì 20 ottobre 2011

noia


*gironzola per il faro, bevicchiando. La noia lo assale, la sera, ma è una bella sensazione. Le giornate si sono riempite di furia, di cose da fare, di pensieri di ogni genere, e la possibilità di passare la serata ad annoiarsi è una pura e semplice benedizione. Vorrebbe che le sere fossero anche più lunghe, per potersi annoiare di più, ammantato dalla propria solitudine, dal silenzio che infine arriva nella sua casa, arrampicandosi sugli scogli. Ma il sonno, la stanchezza, la notte hanno sempre la meglio sulle forze del mago, obbligandolo a rifugiarsi a letto, dopo una certa ora. E malgrado ci vada accompagnato da un libro e dal gatto, alla fine il sonno divora la notte, il tempo dedicato solo a se stesso, e presto giunge la mattina, il nuovo giorno, a divorare cannibale altra vita. Altro tempo, altre energie. La follia della quotidianità, contro cui nemmeno la magia trova scappatoie.*
notte...

martedì 18 ottobre 2011

La pioggia sul mare, in lontananza.. il bollettino per domani da pioggia e freddo. Il mago con un colpo di bacchetta ripara gli spifferi, mettendo il faro al riparo dalle infiltrazioni. La casa accanto al faro è minuscola, esternamente, ma dentro pare molto più grande, grazie alla magia. In qualche modo somiglia alla sua anima.. troppo grande per esser contenuta in quello spazio ridotto, con stanze vuote ed altre fin troppo piene. Ma proprio perché gli somiglia così tanto non ha intenzione di modificarla. Gli appartiene, molto di più di quanto abbia sentito appartenergli qualsiasi altra cosa. Anche se è abitata solo da lui, un elfo, un gatto ed un paio di fantasmi, alle volte gli pare fin troppo affollata. Ma è sua. 
Ora, di fronte la mare battuto dalla pioggia, riesce a calmarsi. Guarda la tempesta, ascolta il tambureggiare sul mare. La calma lo pervade, vorrebbe prolungare eternamente certi attimi ma il tempo è un ladro. Un attimo prima ti dona la pace, solo per portartela via poco dopo. 
E non esiste modo per fermarlo, nemmeno il mago più grande del mondo può farlo...


La pioggia sul mare, in lontananza.. il bollettino per domani da pioggia e freddo. Il mago con un colpo di bacchetta ripara gli spifferi, mettendo il faro al riparo dalle infiltrazioni. La casa accanto al faro è minuscola, esternamente, ma dentro pare molto più grande, grazie alla magia. In qualche modo somiglia alla sua anima.. troppo grande per esser contenuta in quello spazio ridotto, con stanze vuote ed altre fin troppo piene. Ma proprio perché gli somiglia così tanto non ha intenzione di modificarla. Gli appartiene, molto di più di quanto abbia sentito appartenergli qualsiasi altra cosa. Anche se è abitata solo da lui, un elfo, un gatto ed un paio di fantasmi, alle volte gli pare fin troppo affollata. Ma è sua.
Ora, di fronte la mare battuto dalla pioggia, riesce a calmarsi. Guarda la tempesta, ascolta il tambureggiare sul mare. La calma lo pervade, vorrebbe prolungare eternamente certi attimi ma il tempo è un ladro. Un attimo prima ti dona la pace, solo per portartela via poco dopo.
E non esiste modo per fermarlo, nemmeno il mago più grande del mondo può farlo...

lunedì 17 ottobre 2011

Il destino dei solitari è di guardare la vita da una prospettiva diversa, meno centrale, rispetto a chi ha una vita ricca di relazioni... ma restare a lato dell'esistenza consente di guardarla con più attenzione, con maggiore profondità. 
Certo è che i solitari percorrono strade diverse... strade poco conosciute, che nessuno oltre a loro può raccontare. Alcuni le raccontano, svelando al resto del mondo parti di multiverso che nessuno osava immaginare. Ma sono coloro che non raccontano a percorrere le strade più pericolose.... 
Voi, che vivete in mezzo alla gente, che tutti i giorni parlate con mille amici e conoscenti, guardatevi dai solitari... potrebbero raccontarvi cose che nemmeno immaginate.

venerdì 14 ottobre 2011

Freddo.

Non è uno scherzo l'arrivo del freddo all'isola.. le cose si immobilizzano, anche la gente per strada sembra rallentare, intirizzita. Solo le onde paiono accelerare. Mordaci aggrediscono gli scogli, sotto un cielo plumbeo. Il mago avvolto nel mantello guarda l'oceano, sorseggiando qualcosa di caldo.
Ha uno strano rapporto, ambivalente, con l'autunno e l'inverno.. li ama molto, si ritrova con il freddo più di quanto faccia con le stagioni calde, che lo fanno sentire a disagio, spogliato emotivamente, oltre che fisicamente, ma nel contempo accrescono il suo sotterraneo senso di malinconia, la fredda tristezza che gli abita nel cuore da sempre. Eppure è un senso familiare di solitudine, di vuoto, talmente tanto abituale da esser rassicurante. Quando non sai come colmarlo, anche il vuoto finisce di esser di compagnia, e l'abitudine alla solitudine alla lunga diventa un modo per proteggersi dai rapporti umani - quel mistero che il mago non è ancora riuscito a dipanare.
Quindi appoggiato al muro esterno, in terrazza, il mago assapora la sua solitudine, sorridendone quasi. Il freddo esterno è una memoria confortante del freddo interiore, ed è per quello forse che ama i mesi freddi più dei ciarlieri, socievoli mesi estivi. Almeno d'inverno le strade vuote lo riconfermano in una sua vecchia convinzione: la sua strada, per quanto possa star conducendolo verso un luogo più luminoso di quanto aveva osato credere e sperare una volta, resta sempre un percorso solitario. Sospira, pensando che forse non gli spiace nemmeno tanto. Non fa poi così male, quando ti ci abitui...

giovedì 22 settembre 2011

Un cimelio dall'oscuro passato.


Così come Diagon Alley, esistono molti luoghi al mondo che sono celati ai più... sono luoghi dove i maghi vivono e lavorano senza nascondersi, e che i babbani non possono trovare e nemmeno vedere. O meglio, li vedono diversi da come sono realmente.
Uno di questi luoghi è un paesino francese, locato in Bretagna, chiamato Bouche-de-Nimue, dedicata alla fata che eresse la tomba di Merlino. In questo paese abitano la maggior parte dei maghi del nord della Francia, e viene parlato un dialetto locale che nemmeno i francesi capiscono, derivato da una mescolanza di gaelico e bretone che non ha eguali in europa. Si tratta di una lingua molto antica e di grande potenza magica, che viene talvolta trascritta solo in caratteri runici, ed i manufatti magici prodotti in questo paese e con le iscrizioni in questa lingua sono considerati estremamente potenti. Il paese è arroccato su una collina, resa magicamente indisegnabile e che per i babbani è sormontata solo da un vecchio rudere medievale semi distrutto ed estremamente pericoloso... l'immagine che vedete è tratta da un quadro disegnato prima dell'incantesimo che ha reso il paese invisibile.

C'è un solo modo per arrivarvi.. che siate maghi e che sappiate dove si trova.
Il guardiano del faro ci è andato per una ragione precisa... in questo paesino è custodito un cimelio che pensava smarrito per sempre, addirittura era convinto fosse stato distrutto dopo la sconfitta del Signore Oscuro a Hogwarts, ma non è così, evidentemente. In quel paese infatti è aperto un rigattiere molto particolare, che non si fa scrupolo di vendere anche oggetti intrisi di storie macabre e magia oscura, al pari di Magie Sinister, a Notturn Alley. In questo negozio, da qualche giorno, è in vendita la bacchetta di Lord Voldemort.
L'arrampicata al paesino è lunga e faticosa, e trovare il rigattiere piuttosto arduo... è quasi mezzogiorno quando Tom si ferma di fronte al negozio. Una minuscola vetrinetta, dove sono posate solo due cose: un calice scuro ed uno specchio nero, queste sono le sole cose esposte. Una porta di legno, con una maniglia di ottone lucidissimo, con la scritta in caratteri runici che riporta il nome del proprietario. Maleisus, Malevolo in gallese... il mago lo legge con un ghigno, pensando che potrebbe essere un nome profetico, ma si trova davanti entrando un ometto che pare smentire il significato del cognome. Un piccolo mago scarno, dagli occhiali cerchiati di tartaruga, con un sorriso timido stampato sul volto, si inchina quasi vedendolo entrare, e poi chiede qualcosa nel dialetto locale.
«Sono spiacente» risponde Tom in francese. «Non capisco... potremmo parlare in francese?»
«Ma certamente, signore!» risponde l'omarino con sussiego «Chiedevo in che modo posso aiutarla...»Tom prende fiato un attimo e decide che non vale la pena di girarci tanto attorno.
«Ho sentito dire che avete la bacchetta di Colui Che Non Deve Esser Nominato.»
Il mago sorride ancora di più, ed annuisce.
«Avete sentito bene! È arrivata fino a me in maniera piuttosto curiosa, sapete? Il Prescelto in persona l'ha tolta al corpo di Lei-Sa-Chi dopo averlo sconfitto ed aver ripreso la Bacchetta di Sambuco, e poi l'ha donata al Ministero Inglese, perchè venisse custodita in un loro speciale ufficio per i reperti pericolosi... ma alla fine non sapevano che farsene e visto che tutto sommato non è altro che una bacchetta, quando hanno deciso di risanare le casse dello stato hanno pensato bene di venderla all'asta.. il buffo è che nessuno voleva comprarla, per timore di passare da nostalgico ex mangiamorte, per cui... alla fine sono riuscito a comprarla io per una cifra irrisoria.»
Mentre si perde in chiacchiere, si arrampica su una sedia, per andare a pescare una scatola lunga e stretta, molto simile a quelle di Olivander, in cima ad uno scaffale. Con calma e cautela la apre, scostando i lembi di stoffa che coprono l'oggetto ivi riposto. Tom si scopre a sentire il cuore in gola, mentre rivede la sua vecchia bacchetta. Solo grazie al suo grande esercizio di autocontrollo resta esteriormente impassibile, mentre nella sua mente e nel suo cuore scoppia il tumulto. Non vedeva quella bacchetta da secoli, da una vita, letteralmente. Il piccolo mago indossa dei guanti di cotone bianco e la estrae, posandola sul bancone di fronte al mago.
«Siete un collezionista, signor... »
«Crowley.» risponde automaticamente. «Tom Crowley, libraio e antiquario in Nantucket.» Estrae il proprio biglietto da visita, dove naturalmente il suo vero cognome non appare. «Un mio cliente americano, un mago molto influente... mi ha chiesto di verificare se è quella vera e di acquistarla, nel caso..» Dice, sciorinando la storia che aveva preparato. L'altro sembra berla, perchè annuisce, sempre sorridendo.
«È quella vera.. eccole il documento di autenticità, rilasciato dal Ministero Inglese.» Dice, mettendogli in mano un papiro che descrive l'oggetto e le circostanze del rinvenimento.
Leggere le circostanze della propria morte scritte in freddo burocratese mette al mago strani brividi, come se un'oca stesse camminando sulla sua tomba. Il piccolo mago prende delicatamente in mano la bacchetta, facendola girare per mostrarla e poi gira l'impugnatura verso Tom.
«Potete controllare voi stesso, se volete... »
Tom la riconosce senza toccarla... un piccolo graffio sul lato dell'impugnatura, arrotondato dall'abitudine a strofinarci il pollice sopra, una coppia di buchi della corteccia che gli ricordavano degli occhi, una certa sfumatura più scura in un punto preciso del corpo della bacchetta.. potrebbe riconoscerla solo lui, ed è certo: è la sua. Ma alza le mani, non osa toccarla in pubblico. Sa che reazione avrebbe in mano sua, e lo renderebbe immediatamente riconoscibile. Anche il più ignorante dei maghi sa in che maniera reagisce una bacchetta in mano al proprietario... e nessuno ha mai battuto la sua bacchetta, è ancora sua, del tutto.
«Preferisco di no, la ringrazio... ma direi che è indubitabilmente l'originale, ne ho letto mille descrizioni. Tuttavia non voglio toccarla. Sa, ha una storia... inquietante.»
«Si, capisco... e concordo. È senza dubbio preferibile non toccarla a mani nude, sa... da una strana sensazione, come di freddo e di viscido.»
Il piccolo mago rabbrividisce, perdendo per un attimo il sorriso, mentre ripone la bacchetta. Si accordano sul prezzo. Esorbitante, ma Tom ha deciso di riaverla. Sa che se non lo facesse quella bacchetta arriverebbe tra le mani di un collezionista e magari di un nostalgico. E per qualche strana ragione, che non ha ancora indagato, non vuole che la sua bacchetta finisca in altre mani. Paga senza batter ciglio ed esce il più rapidamente possibile, tagliando corto le chiacchiere del negoziante.


Il giorno dopo è al faro, in cucina. Apre la scatola e la gira, facendo cadere la bacchetta sul tavolo. Si siede a guardarla, la fissa a lungo, prima di prenderla finalmente in mano. Chiude gli occhi, percependo il calore tra le dita del potere che affluisce nell'oggetto, la muove leggermente, traendone scintille verdi. La dirige verso una bottiglia posata sul tavolo, che si trasforma istantaneamente in un serpentello. Lo fissa un attimo e poi lo ritrasforma nella bottiglia.
Posa la bacchetta, con le mani tremanti. L'emozione che ha provato è stata fortissima. Riconoscimento, non v'è altra definizione possibile. Dentro di lui qualcosa si è mosso. Qualcosa, o qualcuno, per meglio dire, che sta cercando di dimenticare di esser stato, ma che è sempre presente. Ed ora che l'ha riconosciuto, non sa che fare. Distruggere la bacchetta, come aveva pensato inizialmete gli pare assurdo, ora.
Così come non può cancellare il passato e distruggere il ricordo di quello che è stato, non può distruggere la bacchetta. Ma non riesce a pensare cosa farne, perciò resta a lungo a guardare l'oggetto posato sul tavolo, la mente affollata di mille pensieri ed il cuore di tormentose emozioni. Infine chiude di nuovo la bacchetta nella scatola, la porta nel proprio studio, protetto da incantesimi anti rilevazione persino dal più potente dei maghi, e chiude la scatola in uno scrigno dove ha custodito i segreti più innominabili, tra cui alcuni dei suoi diari del tempo in cui era il Signore Oscuro.
Resterà lì, pensa. Chiusa in un angolo, con i peggiori ricordi del suo passato tenebroso.
Di certe cose non ci si può liberare, ma solo imparare a conviverci.

sabato 10 settembre 2011

Plenilunio



La notte è calata sull'isola. Il mare è calmo, immobile. Appena una brezza accarezza il volto del mago, silenzioso a guardare il mare. Seduto comodamente in terrazza, contempla la notte. Pochi pensieri girano per la sua mente, per una volta... è pacificato, se non sereno. Alza il calice di idromele alla luna piena, che rende il mare luccicante come una tavola di cristallo. Si concentra, scende in se stesso a toccare il centro del proprio potere, per sentirlo, ampliarlo, farlo espandere in tutto il suo essere. Allarga il centro, formando un cerchio magico attorno a sé. Respira, lentamente, assorbendo dal mare e dalla luna il potere insito negli elementi, nell'aria, nella terra, nel fuoco, nell'acqua vastissima che gli si para di fronte. Rilassato, allarga la sua coscienza a percepire gli esseri che si aggirano attorno e sopra l'isola, umani, animali, sovrannaturali. Due sirene nuotano al largo, mentre qualcosa di angelico si percepisce aleggiare sopra Nantucket, benevolente e protettivo. Il mago assapora queste sensazioni, lascia che lo colmino, appagandosi del gran serbatoio di energia che il corpo vivente del pianeta riversa quotidianamente in tutti gli esseri, senzienti e non. Se ne riempie, ricarica le pile, rilassa la mente ed il corpo. Il tempo scorre senza che si accorga, come una goccia di acqua su una superficie impermeabile. La notte si infittisce, e la luna infine tramonta, tuffandosi nel mare che annerisce, lasciando solo un cielo trapunto di stelle, pronto per esser presto schiarito dall'alba. Il mago riassorbe in sé il cerchio, richiude le porte della percezione, torna in se stesso, lentamente, con calma ed inesorabilmente. In silenzio si sgranchisce, alzandosi, sorride e torna in casa, per concedersi finalmente alle braccia del sonno.

giovedì 8 settembre 2011

Pensieri... ti tormentano, ti danno la caccia, non ti lasciano in pace finché non li affronti. Ti perseguitano, mentre cerchi di fare altro per non considerarli. Quando ti prendono ti chiedono conto, vogliono sapere chi sei, cosa fai, perché hai fatto quello che hai fatto. 
Hai solo un modo per affrontarli, essere onesto. Con te stesso, più di quanto tu sia con chiunque altro. Solo allora ti lasciano in pace. 
Per un po'.

mercoledì 31 agosto 2011

Musica!

Il cielo è tornato sereno, attorno all'isola... la luce del tramonto invade la piccola casa accanto al faro. Al suo interno ci sono molte più stanze di quanto apparentemente possa contenerne la piccola costruzione, allargata grazie alla magia del suo abitante, il quale stasera ha deciso di riempirle di musica, per far rivivere l'ambiente. 
http://www.youtube.com/watch?v=fkSMalcRx2k&feature=related
Gira per le stanze, mettendo a posto i libri, canticchiando sull'onda della musica che lo insegue. È stranamente di buon umore, migliore di quanto sia stato per settimane, addirittura mesi, ed anche se i brutti pensieri non sono stati spazzati via, stasera ha deciso di accantonarli. Ogni tanto accenna timidamente un passo di danza, felice che nessuno a parte Cletus possa vederlo. 
Infine si mette al tavolo sul terrazzo, in compagnia di una birra e del solito taccuino. Sono settimane che ci scrive solo furia e tristezze, e stavolta vorrebbe scrivere altro, ma la serenità come al solito trova meno parole per esprimersi della malinconia, così dopo poche frasi abbandona il diario, restando solo a guardare il cielo mutevole e spazzato dal vento ed a godersi il mare che si frange contro gli scogli, mentre un sorriso gli si disegna inconsapevolmente sul viso. Era ora di tornare a casa, decisamente. E mille volti amici gli tornano in mente... quanta gente che non vede da tempo.

sabato 27 agosto 2011

Casa?

‎*torna al faro, dopo un tempo quasi infinito... la polvere quasi ovunque, un paio di finestre rotte, l'aria che entra e la salsedine affamata che ha quasi divorato i mobili. Il mago sospira, posando a terra la sacca. Non sa ancora se il suo ritorno sia definitivo, ma era doveroso ripassare da Nantucket, dopo tutto questo tempo. Respira a fondo, andando a guardare il mare dalla terrazza. Si materializza tra le mani una sfera di energia, la rilascia verso il cielo, nuvole in lontananza si avvicinano, a formare uno strato tempestoso sopra il mare e gli scogli. Un tempo che somiglia al suo umore. Torna in casa, con pochi tocchi di bacchetta rimette tutto a posto, poi si siede in poltrona, a guardare la tempesta scatenarsi sul mare, sospirando.*
Casa.... *mormora. Non riesce ad aggiungere "dolce casa", qualcosa ne ha alterato il sapore, in tutto questo tempo. Allunga le gambe, cercando di rilassarsi, lasciando al cielo sfogare tutto quello che di tormentato si è portato dentro in questi mesi. Lo deposita sul faro, sul mare, sperando di riuscire lì a risanare le ferite recenti che hanno lacerato la sua anima. Dicono che il tempo sani qualsiasi ferita, almeno, quelle che non ti uccidono. Visto che è ancora vivo, dovrà sopravvivere con nuove cicatrici... e nuovi ricordi.*
Casa....

domenica 13 marzo 2011

Multiversi...

Il sonno finalmente va a cercare il mago... lo blandisce, mostrandogli altri luoghi, altre storie, mille vite ancora da sognare e da raccontare. Il libro che lo accompagna presto si riempie delle immagini che egli disegna attorno alle parole che legge, mentre pian piano la notte silenziosa attorno al faro si fa spazio anche all'interno, finchè la sua mano si allunga ad accogliere il buio, spegnendo la luce. Altri multiversi si spalancano nella mente del mago, non appena chiude gli occhi. Forse che questi mondi alternativi non esistono solo perchè non sono tangibili quanto il faro? Non è forse vero che anche le emozioni, i sogni non sono tangibili? Eppure hanno la forza di mutare le nostre azioni, di portarle verso altre direzioni, di far trasformare la nostra volontà fino a modificare la realtà. E quando questo avviene, le emozioni, i sogni, diventano tangibili, come tutto il resto. Ed anche se fossero solo frutto della nostra mente.... perchè accidenti dovrebbero esser meno reali del resto solo per quello?

giovedì 10 marzo 2011

Destino Crudele



Seduto per terra, sul molo... i piedi che penzolano fuori, guarda l'acqua, incurante degli spruzzi che arrivano ad interrogarlo, curiosi di capire che sta facendo a guardare il mare indifferente. Le caviglie incrociate, le braccia strette attorno al torace, appoggiato ad un pilastro, guarda le onde grigie, vuoto di pensieri, per una volta... aspira l'aria fredda proveniente dal mare, ricordando solo vagamente un tempo lontanissimo, perduto in vite precedenti, quando appena adolescente era andato al mare, d'estate, in Scozia, e si era trovato solo, come al solito, nella stessa posizione, in un luogo analogo. Dall'altra parte dell'oceano che gli sta di fronte. Ha la curiosa sensazione di potersi guardare, attraverso la barriera del tempo, oltre gli anni passati tra lui e quel ragazzino pieno di dolore e di odio. Si guarda, e vorrebbe potersi parlare. Vorrebbe dirsi quanto sia inutile tutta quella ricerca di vendetta, di potere... quanto non abbia portato a null'altro che ulteriore dolore, per se stesso e per tutti coloro che hanno incrociato la sua strada, da allora in poi. Vorrebbe poterlo dire a quel fantasma di quattordici anni, ancora inconsapevole ed innocente di tutti i dolori che provava e che avrebbe causato nel giro di pochi anni. Ma il tempo è un cattivo messaggero, manda i messaggi in una sola direzione, ed il messaggio, chiarissimo, arriva solo dal passato e non torna indietro.
Viene scosso dai suoi pensieri dal solito, mattiniero Homer che in cerca di pesce va a tirare su le reti, poco lontano da lui, e lo saluta.
«Tom!» gli grida. Il presente torna ad afferrarlo, nella voce gioviale di quel vecchio, colpevole solo di esser stato se stesso e non mille altre persone, mille altre facce, a nascondere la sola che non voleva vedere, la propria. Il mago si gira a salutarlo, l'ombra appena delineata di un sorriso in volto, e torna a guardare il mare. La tentazione... no, nemmeno, il desiderio di potersi abbandonare all'oblio delle onde gli accarezza la mente, l'anima stanca di tormenti, infranta dalla fatica di doversi frequentare quotidianamente portando un fardello insopportabile, ma non è altro che un vano desiderio. Vorrebbe posare il fardello, una volta per tutte, ma sa che non riuscirebbe mai a farlo volontariamente. Anche quando pesa così tanto, come quel giorno...
È l'anniversario della battaglia di Hogwarts. Il giorno in cui Harry Potter lo ha sconfitto definitivamente, uccidendolo nell'entrata della scuola di magia e stregoneria d'Inghilterra. Ricorda solo a tratti quello che avvenne, e talvolta sospetta di aver ricostruito i propri ricordi sulla base dei resoconti che ne ha letto, scritti dai vincitori. Molte cose non le ricorda minimamente. Ma l'ultimo lampo verde lo ricorda. Partito dalla sua stessa bacchetta e rimbalzato indietro a colpirlo, in una parodia di suicidio involontario. Una cosa si chiede da anni: se davvero avesse vinto.. che avrebbe fatto? Se finalmente avesse raggiunto il potere, che altro avrebbe potuto fare?
La domanda non trova risposta, a maggior ragione ora che ogni desiderio di potere sugli altri si è cancellata definitivamente dal suo animo. Persino pensare di radunare seguaci ed eserciti gli pare insensata, ora.. eppure un tempo un barlume di megalomania lo aveva spinto a pensare di prendere il potere in tutte le grandi comunità magiche d'Europa, anche se non sa dirsi che se ne sarebbe fatto infine di tutto quel potere.
Solo ora ha capito che il vero potere magico non è comandare gli altri, ma comandare se stesso. Ed è molto più difficile, sorprendentemente.
Torna al presente, di nuovo, richiamato dalle grida di Homer. La rete si è come al solito impigliata e tirandola in secca, i due scoprono il perché. Un relitto di legno, trasportato dalle maree, è stato catturato dalla rete. Solo un pezzo di legno, ma qualcuno ci ha inciso qualcosa. I due leggono e ridono. Ma solo a Tom la scritta sembra una strana risposta alle sue domande. La mano, rozzamente, ci ha inciso due parole.
Destino crudele.

lunedì 7 marzo 2011

Pensieri

Tramonto sull'isola... come sempre il mago si perde a guardare l'orizzonte, quando l'ora è quella giusta. Lascia liberi tutti i pensieri che durante il giorno ha dovuto tenere incarcerati in un ripostiglio perchè non lo disturbassero e torna a oosservare il contenuto della propria mente da un'altra prospettiva. Non è mai semplice conf...rontarsi con se stessi, ed ultimamente ha finito con il farlo più spesso di quanto gli faccia piacere, ma certi percorsi sono ineludibili, che gli piaccia o meno... ma la strada da percorrere è ancora tanta. La pace che gli sfugge, ogni tanto sembra a portata di mano, mentre altre volte è lontana quanto la luna, a picco sul mare, riflessa dalla superficie vitrea dell'acqua. Solo, al faro, la sera, si chiede quale sia l'abisso più profondo, quello che ha davanti o quello, altrettanto nero e insidioso, che ha dentro. Nessuna risposta è ancora possibile, e la ricerca è faticosa, per quanto indispensabile.
Ma stasera no. Il mago decide improvvisamente che per una sera può aspettare. Ricarica il bicchiere di whiskey, attacca la musica a tutto volume e si lascia svuotare di pensieri, o almeno, per una volta... ci prova.

Behind Blue Eyes